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Chiesa di San Giuseppe
Una tra le chiese più decorate del centro storico varesino
La Chiesa di San Giuseppe nasce come oratorio della confraternita della Beata Concezione e del Gonfalone nel 1504, in una piccola piazza della contrada di Pozzovaghetto, allora sui confini del nucleo cittadino.
Assai diverso doveva essere a quel tempo il panorama del caseggiato, in cui la chiesa - malgrado le dimensioni ridotte - si innalzava al di sopra di case basse e irregolari, mentre ora si presenta quasi soffocata dagli edifici che le sono stati costruiti accanto. La "Fabbrica di San Giuseppe" ebbe tempi lunghi (nel 1609 si terminò il campanile e tra il 1611 e il 1617 vennero posati gli stalli del coro, l'iconostasi in legno e l'altare), anche perché nel 1589 si decise un ampliamento dell'edificio che assunse le dimensioni attuali. La facciata, realizzata già nel 1593, fu rifatta nel 1725 su disegno del varesino Giovanni Antonio Speroni nelle forme di un barocco sobrio e armonioso ed è stata restaurata nel 2003: dopo attente indagini stratigrafiche sull'intonaco e sul colore volte ad accertare la condizione conservativa e compositiva dell'impianto decorativo, si è scelto un intervento a carattere puramente conservativo rispettoso dello stato di fatto (si è infatti riscontrato un pesante e in alcuni casi radicale rimaneggiamento degli intonaci originali).
A nulla sono valse le indagini lungo il medaglione centrale sopra il portale di ingresso per la ricerca di possibili tracce dell'affresco raffigurante il santo titolare, opera di Pierto Antonio Magatti. La pianta dell'edificio è molto semplice: un'aula rettangolare con abside; come avviene solitamente per le chiese che in origine erano sede di confraternite, la chiesa pubblica è divisa dal coro riservato alla confraternita da un'iconostasi in legno (così era anche per la chiesa di Sant'Antonio prima della sistemazione del 1967) che si è conservata.
Tutta la chiesa è riccamente decorata di affreschi e stucchi, realizzati nel corso del Seicento e restaurati nel maggio 1992. La volta dell'aula, a lacunari, fu affrescata dal pittore varesino Giovan Battista del Sole (1658): sono settantadue angeli musici e cantori; sulla parete sinistra Antonio Rancati (seconda metà del sec. XVII) affrescò le storie di Adamo ed Eva: Adamo in preghiera, La cacciata dal Paradiso terrestre e Adamo dormiente fanno da cornice ad Adamo e il Padre nel Paradiso terrestre; gli affreschi sono separati da cornici di stucco dorato. Gli stemmi collocati alla base degli affreschi appartengono a due famiglie varesine, gli Alemagna e i Martignoni. Sulla parete destra i piccoli affreschi Adamo, Il peccato originale, Eva sovrastano il grande I progenitori nello stato di innocenza.
Il Rancati, apprezzabile per la cura con cui rende i particolari, soprattutto degli animali, è autore anche dei dipinti della parte inferiore della controfacciata sulla quale spiccano due statue in terracotta: San Tommaso (a sinistra) e San Bonaventura (a destra); queste e le altre statue in terracotta sono da datare agli inizi del sec. XVII ma non si riesce, allo stato attuale degli studi, a riconoscerne l'autore. Sopra all'ingresso gli affreschi Il Creatore e Il Trono divino circondato da angeli (scuola lombarda, sec. XVII). Sulla parete sinistra troviamo altre due statue in terracotta raffiguranti San Giovanni Apostolo e il re Davide e su quella destra, Sant'Andrea e San Giobbe. Sul lato sinistro, vicino al presbiterio, trova collocazione anche un olio su tela, San Giuseppe col Bambino, attribuito alla scuola di Giudo Reni (Bologna 1575-1642) e datato alla seconda metà del sec. XVII.
Al di là della balaustra in marmo policromo si trova il presbiterio. Sulla volta, di scuola lombarda e datati tra il 1650 e il 1653, gli affreschi con la Cacciata di Eliodoro dal Tempio, Elia trasportato in cielo sul carro di fuoco e La regina Attalia ordina lo sterminio della stirpe regale. Ai lati dell'altare, spiccano i due pulpiti in legno intagliato sorretti da due telamoni, in legno dipinto (sec. XVII). Sull'altare, pregevoli intagli in legno attribuiti a Bernardino Castelli (Velate, 1646-1725): la parte frontale del tabernacolo e le sette formelle sottostanti (legno intagliato e parzialmente dorato) con le storie della Vergine (da sinistra: l'Immacolata, L'incontro tra Anna e Gioacchino, la Presentazione al Tempio, la Nascita della Vergine, lo Sposalizio della Vergine, l'Annuncio a Gioacchino e, forse, Gioacchino di ritorno a Gerusalemme) il tutto databile, dai documenti, al 1702. Alle spalle dell'altare, si colloca l'iconostasi in legno intagliato a traforo con motivi geometrici e antropomorfi; sulla fascia, in caratteri dorati, la scritta ET IPSA CONTERET CAPUT TUUM (Gen.3 Ed ella ti schiaccerà il capo) in riferimento alla statua dell'Immacolata posta al di sopra dell'iconostasi, in legno dipinto e dorato e affiancata da due angeli musicanti (intorno al 1617 - statue restaurate nel 1995).
Ai lati del gruppo ligneo, si trovano due tavole dipinte a tempera ritoccata ad olio, raffiguranti due coppie di angioletti recanti una corona fiorita (sec. XVII). Nel novembre 2003, le parti lignee della zona dell'altare sono state soggette a un intervento di restauro che si è incentrato soprattutto su un'attenta e accurata operazione di pulitura che ha consentito la rimozione di materiali non compatibili usati in interventi precedenti: i risultati sono stati straordinari.
L'asportazione delle pesanti ridipinture ha fatto emergere una pregevole e curatissima policromia che ha confermato la raffinatezza della manifattura dell'intaglio oltre allo splendore delle formelle del gradino ligneo della mensa. Durante questi lavori, in accordo con la Soprintendanza e la Direzione dei lavori, si è giunti alla decisione di asportare la mensa esistente per consentire all'officiante di celebrare Messa secondo le norme liturgiche vigenti dal 1965 e disporre così di una nuova funzionalità liturgica. Il nuovo altare, i portacandele e l'ambone, che ben si armonizzano con il contesto esistente, sono opera dello scultore Angelo Maineri; realizzati con una fusione in bronzo poi cesellato e patinato, riproducono in modo realistico un albero di vite, ricco di simbologia per la fede cristiana. Oltre l'iconostasi c'è il coro; i ventisette pregevoli stalli in legno intagliato furono iniziati nel 1611 ma finiti, o rimaneggiati nel sec. XVIII.
Le pareti del coro furono affrescate da Giovan Battista Ronchelli (Cabiaglio, 1615-1788) con le storie di San Giuseppe (a sinistra: il Sogno di San Giuseppe, lo Sposalizio della Vergine e la Sacra Famiglia; a destra: la Fuga in Egitto e la Morte di San Giuseppe). Nella parete centrale, tra le due statue in stucco bianco e dorato di San Giuseppe e San Gioacchino, una tela raffigurante l'Immacolata Concezione (1619 circa) attribuita a Giulio Cesare Procaccini. La volta del coro fu affrescata da Melchiorre Gherardini detto il Ceranino (Milano 1607-1675) con Ester e Assuero, la Lotta tra Angeli e Demoni e Soldato al cospetto di due reali (scena non meglio identificata).
Al Ceranino è da attribuire anche l'affresco degli intradossi degli archi del coro e del presbiterio raffiguranti angioletti recanti oggetti liturgici e strumenti del lavoro artistico. Nella volta del coro, al di sopra della tela dell'Immacolata, si trova lo stemma della Confraternita della Beata Concezione e del Gonfalone realizzato in stucco bianco e dorato (sec.XVII-XVIII).